GUIDA ALL'ASCOLTO CONCERTO N° 1468 PINI, MERCELLI & GJERJI

Teatro Verdi Trieste, Riva 3 Novembre 1, Trieste
Lunedì 27 settembre 2021, ore 20:30

Antonio Vivaldi (Venezia 1678 - Vienna 1741)
Da Juditha triumphans devicta Holofernes barbarie, RV 644 N. 2, “Armatae face et anguibus”

Antonio Vivaldi (Venezia 1678 - Vienna 1741)
Da Orlando Furioso RV "Sol da te mio dolce amore"

Charles Camille Saint-Saëns (Parigi 1835 - Algeri 1921) 
Une flute invisible
per flauto, voce e pianoforte 

Frédéric Chopin (1810-1849)
Variazioni in Mi maggiore su Tema di Rossini "La Cenerentola", per flauto e pianoforte

NOTE DI SALA

L’eterogeneità del programma di questo concerto consente una rapida sintesi in forma di note, di appunti, per articolare una riflessione attorno alla categoria funzionale della «musique comme nécessité». Di quel tipo di musica nécessaire allo svolgersi d’un rituale, per invitare ed accogliere anime e spiriti in un contesto comunitario nel quale una comunità possa ritrovare una sua continuità.

Perché, se è vero che la funzione della musica rimane globalmente invariata, la musica stessa subisce però profonde trasformazioni dovute al contesto nel quale viene esperita. Fattore identitario d’una comunità, o d’un periodo stilisticamente definito, come potrebbe essere – nel caso di questo programma – quello barocco, la musica diviene emblematica d’un rapporto peculiare fra esecutori e pubblico, paradigma d’un evento sociale circoscritto nel quale gli elementi musicali tecnici divengono parametro culturale condiviso.

Per chiarire questo aspetto: gli svolazzi virtuosistici tipici dell’era barocca, così diversi da quelli successivi, rinvenibili in epoca “classica” – più sobri ed eleganti – e in epoca romantica – tesi ad una forza emozionalmente funzionale all’espressione – erano una sorta di suggello di affinità culturale che nella varietà dell’improvvisazione cercava una via di fuga dalla standardizzazione esecutiva in modo da sollecitare la partecipazione reattiva del pubblico che, di fatto, si trovava a interagire coi cantanti influenzandone stile e condotta esecutiva. Il pubblico, segnalando le sue preferenze con reazioni immediate che influenzavano la condotta delle parti, tanto strumentali quanto vocali, determinava proprio quel senso di rituale di cui si parla, quello che definisce i contorni estetici d’una qualsiasi rappresentazione perché essa divenga fattore identitario. Culturale, di fatto.

Né più né meno di quanto avviene ancor oggi in certe rappresentazioni tradizionali, folcloriche, durante le quali il pubblico reagisce in funzione dell’esecuzione con commenti e risate, applausi o fischi, partecipando intensamente all’azione. Sottolineando le sue preferenze per un personaggio od un altro, il pubblico determina contestualmente anche l’organizzazione spaziale del luogo, evitando o annullando la rigida separazione fra spazio dell’azione e spazio dell’ascolto. Il teatro barocco era questo: uno spazio unico ed indiviso, nel quale pubblico, strumentisti e solista creavano congiuntamente uno spettacolo. Uno spettacolo mai stereotipato.

È solo successivamente, nel repertorio romantico – e già il termine “repertorio” dovrebbe indurre a riflessione –, che questa vitalità reattiva viene meno, di fatto annullata dalle trasformazioni avvenute non solo nella gestione dei palcoscenici ma anche, e soprattutto, dalla modalità d’esecuzione che tende sempre più a standardizzare e cristallizzare il fenomeno musicale. Fenomeno inteso letteralmente, come elemento fisico. La società stessa si cristallizza disponendosi in poli, modificando lo spazio del teatro e modificando di fatto lo spazio acustico. Intervenendo, alla fine, anche nel processo creativo. E, in questo concerto, apparentemente variegato, questa nuova forma di esperimento virtuosistico la si può apprezzare nei lavori costruiti “al quadrato”, come rilettura di pagine operistiche. Dalla vicinanza, come accade in questo impaginato, fra pagine d’epoca barocca e pagine d’epoca romantica si può constatare, direttamente dall’ascolto, quanto la cristallizzazione della spontaneità esecutiva tipica del primo dei due periodi si ritrovi come inquadrata, addomesticata quasi, in formule piacevoli ed accattivanti ma ormai lontane dal ricercare la complice partecipazione d’un pubblico che non è più parte del processo creativo-esecutivo, ma che è ormai (ri)dimensionato al ruolo di mero ascoltatore.           

Nei passaggi da uno stile ad un altro, da un’epoca ad un’altra, è la funzione stessa della «musique comme nécessité» ad essere mutata. Da musica nécessaire all’identità culturale d’una collettività che oltrepassava confini e regni (si pensi all’ubiquità transazionale del Barocco che troviamo dalla Svezia all’Italia meridionale, dal Portogallo alla Russia) a musica nécessaire all’identità sociale, prima ancora che culturale, d’una collettività ben definita spazialmente da confini e lingua (e si notino allora le specificità d’un Verdi e d’un Saint-Saëns, ormai nazionalisticamente identificate).

 

Pierpaolo Zurlo

Curiosando

1741

Il 19 dicembre, nel corso d’un’esplorazione in Siberia, muore il cartografo danese Vitus Bering, divenuto ormai ufficiale della Marina Imperiale russa. A distanza di pochi giorni, il 25 dicembre, lo svedese Anders Celsius elabora la celebre scala di misurazione della temperatura. 

1813   

Mentre Napoleone subisce, il 19 ottobre, a Lipsia, una clamorosa sconfitta che lo costringe a ritirarsi nei territori prima del Reno, al Regio Conservatorio di Musica di Milano viene adottato il “Trattato di armonia” di Bonifazio Asoli, dedicato proprio a Napoleone, Imperatore di Francia.

1921

Mentre Albert Einstein vince il Nobel per la Fisica e a Torino nasce il futuro imprenditore Gianni Agnelli, Adolf Hitler diventa leader del Partito Nazionalsocialista tedesco e nascono il Partito Comunista Italiano (a Livorno) e il Partito Nazionale Fascista (a Roma).