GUIDA ALL'ASCOLTO CONCERTO N° 1481 | ESTRIO

Teatro Verdi Trieste, Riva 3 Novembre 1, Trieste
Lunedì 14 marzo 2022, ore 20:30

Lili Boulanger (Parigi 1893 - Mézy-sur-Seine 1918)
D’un soir triste
per violino, violoncello e pianoforte

George Gershwin (Brooklyn 1898 - Los Angeles 1937) / Jascha Heifetz (Vilnius 1901 - Los Angeles 1987)
Transcriptions for violin from George Gershwin’s «Porgy and Bess»

  1. Summertime / A Woman Is A Sometime Thing
  2. My Man’s Gone Now
  3. It Ain’t Necessarily So
  4. Bess, You Is My Woman Now
  5. Tempo di Blues (There’s a Boat…)

Astor Piazzolla (Mar del Plata 1921 - Buenos Aires 1992)
Verano porteño
per violino, violoncello e pianoforte

Nadia Boulanger (Parigi 1887 - Parigi 1979)
Vers la vie nouvelle
per pianoforte solo

Nadia Boulanger (Parigi 1887 - Parigi 1979)
Trois Pièces per violino, violoncello e pianoforte
n. 1: Moderato
n. 2: Sans vitesse et à l'aise
n. 3: Vite et nerveusement

Astor Piazzolla (Mar del Plata 1921 - Buenos Aires 1992)
Adios Nonino
per violino, violoncello e pianoforte

Leonard Bernstein (Lawrence 1918 - New York 1990)
Piano Trio
per violino, violoncello e pianoforte

  • Adagio non troppo - Allegro vivace
  • Tempo di Marcia
  • Largo - Allegro vivo e molto ritmico

NOTE DI SALA

NOTE DI SALA

Due elementi, in questo concerto che prosegue quel viaggio ideale, cominciato quindici giorni fa, all’interno d’un percorso evolutivo della musica per trio (e con un interesse specifico rivolto al Novecento), catturano l’attenzione: la presenza femminile e la fusione, l’eterogeneità stilistica che sono due fra i tanti tratti caratteristici del secolo trascorso.

Il primo elemento è rappresentato dalle figure che aprono le due parti che costituiscono il programma, le sorelle Lili e Nadia Boulanger: figlie d’un compositore (Ernest Boulanger, destinatario, nel 1835, del prestigioso Prix de Rome), direttore d’orchestra e insegnante di canto al conservatorio di Parigi, e d’una cantante originaria di San Pietroburgo (Raisa Myšeckaja), fin da giovani dimostrano una spontanea predisposizione per la musica. Dall’età di sei anni, per esempio, Lili era già in grado di leggere la musica prima ancora di imparare a leggere il francese. Ricevette le prime lezioni di pianoforte da Gabriel Fauré, amico di famiglia, e studiò il violino, il violoncello, l’arpa, l’organo, la fuga e il contrappunto. Fu la sorella Nadia, però, ad introdurla alla composizione che poi la giovane Lili proseguì nella classe di Paul Vidal, al conservatorio; e lo fece così bene che nel 1913 divenne, a 20 anni, la prima donna a vincere il Prix de Rome, con la cantata Faust et Hélène (anche se ex aequo con Claude Delvincourt). Di salute fragile, affetta dal morbo di Crohn, sapeva d’aver pochi anni di vita davanti e li sfruttò con oculata vitalità declinando le sue opere mature in dittici a contrasto, nei quali, spesso, ad uno slancio di speranza si contrappone un richiudersi doloroso che si tinge d’uno specifico interesse spirituale, come avviene, per esempio, nelle sue ultime composizioni: la Vieille prière bouddhique (1917) e il Pie Jesu (1918). Ed è un peccato che, alla sua morte, la sua opera La Princesse Maleine rimase incompiuta.

L’inquietante simmetria speranza/dolore si ritrova pienamente espressa nei 7 minuti di D’un matin de Printemps e nei quasi 11 minuti di D’un soir triste, entrambe composte per trio d’archi con pianoforte nella primavera del 1917 e successivamente orchestrate (nella primavera del ’18). Frutto dei sentimenti d’una ragazza di appena 24 anni cui, nel 1916, erano stati diagnosticati due soli anni residui di vita, queste due pagine condividono elementi comuni: stessa misura di ¾, stesso modo in mi minore, quasi identità dei temi musicali. Ma mentre la prima parte è un tripudio di giovanile freschezza percorsa da brividi dissonanti e primaverili nel costante loro mutare di tempo ed umore (l’indicazione agogica in partitura è «ardent, heureux»), D’un soir triste, secondo le indicazioni del manoscritto, deve essere «lent», «grave», «dolent», addirittura «funèbre». Fin dal principio, sulla lancinante regolarità degli accordi del pianoforte, gli archi si danno il cambio nel tracciare melodie struggenti; il tragico è ovunque, nei grandi gesti in fortissimo, nei crescendo espressivi o nelle dolenti melopee del violoncello finché il tema torna, soffocato dalla sordina, «lointain comme un souvenir». La conclusione, «douloureuse et calme», si spegne estenuata in un pianissimo toccante.

La sorella Nadia è riconosciuta come una delle più importanti insegnanti di composizione forse d’ogni tempo: tra i suoi allievi ha avuto, al Conservatoir Americain di Fontainebleau (dove ha insegnato dalla sua creazione, nel 1921, sino alla sua morte, a 93 anni), per periodi più o meno estesi, figure del calibro di Aaron Copland, Philip Glass, Elliot Carter, George Gershwin, Quincy Jones, Astor Piazzolla, Leonard Bernstein. Nominata organista sostituta di Gabriel Fauré nel 1903, nel 1908 giunge seconda al Prix de Rome (nonostante Camille Saint-Saëns, presente in commissione, ne avesse chiesto la squalifica perché aveva elaborato una fuga strumentale e non vocale, come richiesto) ma abbandona la composizione alla morte della sorella, sostenendo che quel che scrive sia inutile. Da quel momento si dedica alla direzione d'orchestra, alla diffusione dell'opera di sua sorella e soprattutto all'insegnamento.

I due lavori presentati sono indicativi della sua personalità: i quattro minuti di Vers la vie nouvelle sono un’interessante e suggestiva riflessione su come la vita potrebbe essere bella se non vi fossero guerre. Se l’inizio è triste, bastano due minuti per intravvedere il sorgere d’un nuovo modo di concepire la vita. I Trois Pièces, scritti in origine per organo, possono essere definiti “post-impressionistici”: il primo movimento, sognante e distante, sembra infatti quasi sospeso a mezz’aria, con una melodia al violoncello che fluttua su un cullante accompagnamento, armonicamente statico, del pianoforte. Il secondo movimento (in modo Eolico) ha la semplice ingenuità d’un canto popolare mentre il terzo, il più riuscito dal punto di vista degli equilibri strumentali, è vivace e nervoso.

Per quanto concerne l’altro aspetto al centro di questa esibizione, la fusione stilistica, il resto del programma riserva delle belle sorprese. A partire dalla presenza di due lavori di Astor Piazzolla, nei quali l’identità culturale diventa sinonimo di bandoneón, tango, Lunfardo, porteño (cioè specifico di Buenos Aires). Indicato come “il prodigioso ragazzo argentino del bandoneón” alla sua prima uscita pubblica (documentata da un volantino per un concerto del Grupo Inter-Americano del 29 dicembre 1932 alla Roerich Hall a New York), 55 anni dopo veniva osannato come “il brillante compositore che ha mutato il tango da danza popolare in arte compiuta, con elementi di jazz e classica che l’hanno reso un linguaggio musicale del tutto originale”. E mentre i puristi del tango ridevano della sua natura eclettica, le sue composizioni suscitavano al contrario consensi sempre più ampi nel pubblico. Eccitato nel veder tornare a casa il padre, nella primavera del 1929, con un grande pacco nel quale pensava ci fossero i pattini a rotelle tanto agognati, il piccolo Astor (che allora si chiamava ancora Pantaléon) legò tutta la sua vita a quello strano organetto di 10 chili di peso – il bandoneón – proscritto e legato agli ambienti più poveri della capitale argentina; autodidatta, scoprì Bach e si appassionò alla “musica d’arte” che approfondì sotto la tutela d’Alberto Ginastera (1916-1983) che lo spinse poi a recarsi a Parigi (1954-55) per studiare proprio con Nadia Boulanger. Nel 1953, Fabien Sevitzky diresse Buenos Aires (tre movimenti sinfonici, 1951) e l’esito fu simile a quello del Sacre di Stravinsky: urla, insulti, pugni e tutto perché nell’orchestra erano stati inseriti due bandoneón.

Eppure furono proprio queste “peregrinazioni” da uno stile all’altro a renderlo un “esploratore di stili”, dandogli quella malleabilità creativa che l’ha reso un musicista straordinario. Quando, nel 1959, tornato a Buenos Aires, dopo la morte del padre compose per lui Adiós nonino, scrisse qualcosa che ci fa ancor oggi emozionare. Verano Porteño, concepita inizialmente come musica di scena per una ripresa del 1965 dell’opera teatrale Melenita de oro (1961) di Alberto Rodríguez Muñoz (1915), è la prima di una serie di quattro composizioni, scritte tra il ’65 ed il ’70 per il suo quintetto di violino, pianoforte, chitarra elettrica, contrabbasso e bandoneón, che rappresentano il mondo porteño di Buenos Aires visto attraverso il filtro delle stagioni.

La Parigi di Nadia Boulanger del 1928, quella che raggiunsero i due fratelli Gershwin e quella che ispirò a George An American in Paris, è una città che lo annoiò molto ma che mai lo frenò nella sua idea di fusione di due mondi creativi che proprio in quegli anni si stavano unendo. Le trascrizioni di alcune parti dall’opera Porgy and Bess (opera, si badi bene, non “commedia musicale”), composta fra il 1934 ed il ’35, risalgono ad un periodo compreso tra il ’44 ed il ’47 e riescono a dare una visione a tutto tondo dell’elaborazione che Gershwin compie su elementi musicali eterogenei derivati dal      jazz, dalla tradizione southern black (blues e praying songs, work songs e spirituals), dalla musica di stampo europeo (che studiò seriamente con Rubin Goldmark ed Henry Cowell) e da quella ebraica che è qui e lì percettibile in certe inflessioni di It Ain't Necessarily So, per esempio (da alcuni musicologi associata alla benedizione Haftarah). Ma, opera a parte, in questo lavoro si gode della bravura di Heifetz tanto come violinista quanto come pianista, a giudicare almeno dall’elaborata parte della tastiera.

Il Piano Trio di Bernstein che chiude il programma è uno dei lavori giovanili che il compositore riammise all’esecuzione pubblica negli anni ’70 ma che non considerò mai degni di interesse. Scritto nella primavera del 1937 da un undergraduate 18enne della Harvard University, ha un idioma tonale che indulge a tratti nelle dissonanze e che cerca di fondere l’ambito del neoclassicismo a quello della folk music. Il primo movimento debutta su un pensoso scambio di idee che passano da uno strumento all’altro prima di trasformarsi in un dialogo intenso che conduce ad un irreversibile culmine sonoro che poi torna gradualmente ad un meditativo riepilogo della prima idea. Il secondo movimento, che poi ritroveremo nel musical On the Town (1944), è un vivace Scherzo, ironico e giocoso, che il terzo movimento contrasta ad effetto con una vigorosa idea musicale d’impronta folclorica che prende corpo nel gioco strumentale portando il trio, attraverso una fantasiosa e ricca serie di elaborazioni, ad una effervescente conclusione.

Pierpaolo Zurlo

Curiosando

1893

Nell’anno in cui nasce Lili Boulanger, hanno luogo tre prime esecuzioni: il 16 ottobre (calendario giuliano) viene eseguita, nove giorni prima della sua morte, a San Pietroburgo, la sesta Sinfonia in si minore, op.74 di Pëtr Il’ič Čiajkovskij; il 16 dicembre, alla Carnegie Hall a New York, la nona Sinfonia in mi minore, op.95, detta "Dal Nuovo Mondo", di Antonin Dvořák; il 29 dicembre, alla Salle Pleyel di Parigi, il Quartetto in sol minore, op.10 di Claude Debussy.

1992

L’anno in cui Piazzolla muore, dal computer dell'ingegnere inglese della Vodafone, Neil Papworth, parte, indirizzato al telefono cellulare di un collega, un augurio «Merry Christmas»: è il 3 dicembre e quello è il primo SMS della storia.