GUIDA ALL'ASCOLTO CONCERTO N° 1469 NUOVA ORCHESTRA DA CAMERA "FERRUCCIO BUSONI"

Teatro Verdi Trieste, Riva 3 Novembre 1, Trieste
Lunedì 15 giugno 2020, ore 20:30

Giovanni Battista Viotti (1755-1824)
Concerto per violino n. 22 in La minore G97

Luigi Cherubini (1760-1842)
Sinfonia in Re maggiore

NOTE DI SALA

La riscoperta di una certa parte della musica italiana, avvenuta negli ultimi decenni, si deve – ed è questo un fatto emblematico che non depone certo a favore del nostro paese – ad un interesse storiografico nato e tenacemente perseguito più all’estero che non in Italia. Nel caso dell’autore che apre il programma, Giovanni Battista Viotti, per esempio, si assiste impotenti al fatto di saperlo conosciutissimo ed apprezzato nel Regno Unito ma, nella sua terra d’origine, quasi ignoto al grande pubblico. Eppure, tanto dal punto di vista biografico quanto da quello creativo, l’accresciuta attenzione nei suoi confronti, ha comportato una serie di curiose scoperte. Nato in una modestissima famiglia il 12 maggio del 1755, a Fontanetto Po, piccolo paese del Piemonte posto nei pressi di Vercelli, conquistò in Europa una fama che senza timore si può paragonare a quella di Mozart, negli stessi anni in cui costui viveva ed operava.

Autore di concerti per violino (che lo fanno annoverare perciò fra i grandi autori della tradizione violinistica italiana assieme ad Arcangelo Corelli, per esempio, o Antonio Vivaldi, Pietro Antonio Locatelli, Giuseppe Tartini e Niccolò Paganini) e di musica da camera, Viotti ha condizionato in profondità i musicisti francesi della propria epoca ed in generale ha contribuito a porre le basi di quella che sarebbe poi divenuta la “musica romantica”. Sebbene godesse d’ampia fama quand’era in vita, pari come si è detto a quella del contemporaneo Mozart, essa non è stata duratura per ragioni indipendenti, però, dal valore musicale in senso stretto: traversie politiche (dovette scappare dalla Francia rivoluzionaria perché sospettato d’essere monarchico e in seguito dall’Inghilterra perché ritenuto giacobino), l’impossibilità di poter esercitare l’attività di compositore o concertista per lunghi periodi della sua vita (dovette improvvisarsi commerciante di vino, a Londra, per poter sopravvivere) ed un carattere schivo e solitario hanno alla fine penalizzato la sua memoria. L’arrivo poi di Paganini, ed il relativo mutamento di gusto musicale nel genere violinistico, hanno inoltre condotto il grande pubblico al sostanziale oblio dei grandi violinisti anteriori. Persino di un Corelli che rimane un esempio ineguagliato di perfezione stilistica nel suo genere.

Tra il 1782 ed il 1805 Viotti compose la bellezza di 29 concerti per il suo strumento: interessantissimi tutti ma soprattutto fondamentali, a parere dei musicologi, perché colmano un vuoto fra la musica di Mozart e quella di Beethoven: la qualità compositiva è pienamente evidente sin dall’inizio di questo Concerto n. 22, nella fascinosa tonalità di la minore, dove una lunga introduzione orchestrale, pervasa d’oscure premonizioni, viene solo marginalmente dispersa dal contemplativo ingresso del solista. In questo primo movimento Viotti esibisce tutta la sua maestria compositiva ed esecutiva edificando un gioco di contrasti di emozioni ed umori che viaggia a ritmo spedito senza che la bravura tecnica prevalga sull’invenzione motivica e tematica. L’Adagio – della durata pari ad un terzo, quasi, del movimento inziale – svolge funzione di sereno interludio, di lirico intermezzo prima che l’Agitato assai finale irrompa con urgente frenesia nel tessuto connettivo della composizione, portando questo lavoro – indicatore preciso delle profonde influenze cui sarebbe stato esposto Spohr e per tale motivo notevolmente apprezzato dallo stesso Brahms – ad un trionfalistico esito.

 

Composta fra il marzo e l'aprile 1815, su invito di Muzio Clementi, la Sinfonia in Re maggiore di Cherubini venne presentata a Londra, dall'autore stesso, alla “Royal Philharmonie Society”, dov'era stato invitato a dirigere alcuni concerti. Le testimonianze sull'accoglienza fatta al lavoro sono piuttosto contraddittorie: secondo alcuni la Sinfonia passò quasi inosservata (Schumann, grande ammiratore di Cherubini e che ascoltò la Sinfonia a Vienna diversi anni dopo, dovette riconoscere che «il lavoro era stato accolto piuttosto tiepidamente»), secondo altri fu accolta da grandi applausi. L'autore venne forse influenzato negativamente dall’accoglienza riservata a questo suo unico sforzo sinfonico, tant’è che negli anni successivi non cercò più di farla eseguire giungendo persino, quindici anni dopo la prima esecuzione, a rimodellarla completamente in un Quartetto, il secondo (mutandone completamente il movimento lento). Il che potrebbe far avanzare l'ipotesi che non si sentisse completamente sicuro del lavoro, anzi nutrisse dei dubbi intorno alla sua riuscita. A 55 anni d’età, quando ormai Haydn e Mozart erano già scomparsi dalla scena del mondo e Beethoven aveva già creato diversi capolavori, Cherubini – che aveva familiarità con la produzione sinfonica dei tre grandi musicisti appena citati – può essere stato legittimamente colto da qualche dubbio. Ed è comprensibile che sia così.

Ma noi oggi possiamo ascoltare questa pagina con orecchie diverse: per privilegio d’anagrafe possiamo riscontrare non solo la grande immaginazione musicale che la pervade ma anche certi elementi strutturali di là da venire. C’è un episodio, nel corso del primo tempo, che precorre la tecnica  dei “pensieri fissi” romantici; la visione vagamente grottesca del Minuetto (che lo fa sembrare più uno Scherzo) e la corsa spavalda del Finale… Ecco, tutti questi elementi, costruiti attorno ad un continuo contrasto fra stati d'animo opposti, di rapidi passaggi da una famiglia strumentale ad un'altra, d'inserzione di frasi indipendenti all’interno di forme strofiche, tutti contribuiscono a gettare nuova luce su un ascolto non più vincolato da valutazioni per nulla pertinenti ad aspetti musicali (a Parigi il riconoscimento ufficiale delle sue qualità artistiche subì un forte ritardo principalmente in conseguenza dell'antipatia che Napoleone nutriva contro di lui, sin dal tempo in cui il compositore fiorentino aveva rinfacciato al Primo Console la sua boriosa ignoranza in materia musicale).

Quel che oggi sbalordisce è la peculiare grandiosità della concezione architettonica della Sinfonia, la maestria formale e contrappuntistica, l’elaborazione tematica e la fantasia negli impasti strumentali, il vigore drammatico, sarcastico a tratti di certe frasi musicali. Già dopo l’introduzione, accademica e seriosa, la comparsa del primo soggetto tematico dell'Allegro evoca istintivamente l'opera comica napoletana di Cimarosa e Paisiello che non viene meno nemmeno nel secondo movimento, Larghetto cantabile, specie nella seconda parte in cui certi effetti d'ascendenza teatrale sono regolati da un’indubbia unità d’insieme. L’energico Minuetto, dal contenuto tra il grottesco e il rapsodico, è la pagina più originale della Sinfonia, non influenzato com’è da alcuna scuola precedente o contemporanea e porta la composizione alla sua naturale conclusione con un vitalistico ed indiavolato finale che, pur in forma sonata, esplora in maniera contrappuntistica un materiale tematico che vive di continui contrasti di opposti stati d'animo, coronando questo saggio sinfonico con un trionfale e fantasioso esplodere di colori strumentali.

 

Pierpaolo Zurlo

 

Curiosando

1755

L'imperatrice Elisabetta di Russia inaugura l'Università statale di Mosca.
Viene pubblicato il Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini di Jean-Jacques Rousseau.

1797

Il 7 gennaio, a Reggio di Lombardia, nasce il primo tricolore italiano, come bandiera della Repubblica Cispadana.
Il 23 marzo truppe francesi entrano a Trieste ed il 17 ottobre vien siglato il Trattato di Campoformio tra Francia e Austria con il quale la Repubblica di Venezia viene divisa tra Francia ed Austria e la Lombardia viene ceduta alla Repubblica Cisalpina.

1815

Nei territori di lingua tedesca ha inizio il periodo di fioritura del cosiddetto “Biedermeier”, fase letteraria e artistica originata dalla disfatta di Napoleone e dalla Restaurazione, caratterizzata nelle arti figurative da soggetti semplici, gradevoli e spensierati, trattati con gusto per i particolari ed esenti da accenti drammatici. La denominazione deriva dal personaggio letterario di Gottlieb Biedermeier, descritto in parodia da Ludwig Eichrodt nei Biedermeiers Liederlust.