GUIDA ALL'ASCOLTO / LISTENING GUIDE | CONCERTO N° 1489 | QUARTETTO LYSKAMM

Teatro Verdi Trieste, Riva 3 Novembre 1, Trieste
Lunedì 12 dicembre 2022, ore 20:30

Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1756 - Vienna 1791)
quartetto in re minore K.421

Johannes Brahms (Amburgo 1833 - Vienna 1897)
Quartetto in si bemolle maggiore op.67

NOTE DI SALA

(english text below)

Nel 1783, Wolfgang Amadeus Mozart era ad un punto molto soddisfacente della propria vita. I suoi primi impegni professionali a Vienna erano stati coronati dalla calorosa accoglienza dell’opera Die Entführung aus dem Serail (Il ratto dal serraglio, 1782), mentre nel privato era in attesa del suo primo figlio dalla moglie Constanze Weber. Nel giugno di quell’anno le lettere al padre Leopold traboccano di felicità e di impazienza, soprattutto per l’imminente viaggio a Salisburgo finalizzato a presentare la giovane sposa alla famiglia.

Il Quartetto in re minore K 421 nasce quindi in un periodo di relativa serenità dal punto di vista professionale e familiare, una serenità orientata soprattutto verso il futuro. Nelle lettere si menziona infatti l’opera comica L’oca del Cairo, scritta in collaborazione con Gianbattista Varesco, ma rimasta incompiuta dopo aver abbozzato il primo atto. Mozart preferì dedicarsi alla stesura dei suoi quartetti, composti in un periodo di tempo relativamente lungo tra il 1782 e il 1785, durante il quale si dedicò allo studio approfondito dell’op. 33 di Joseph Haydn con l’intenzione di assorbire la nuova scrittura cameristica, così come dei manoscritti di Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Händel regolarmente eseguiti agli incontri musicali nel palazzo del barone Gottfried van Swieten. I sei quartetti, modellati come dei dialoghi a quattro voci, rivelano uno stile trasparente: il primo violino non predomina più sul resto dell’organico, ma intrattiene un rapporto paritario con il secondo violino, la viola e il violoncello, finalmente svincolati dal loro ruolo di semplice accompagnamento. Un’altra peculiarità di questo nuovo stile è l’elaborazione tematica, cioè lo sviluppo di motivi tematici che fungono da cellule germinali di intere sezioni musicali. Il primo movimento (Allegro moderato), ad esempio, si basa quasi esclusivamente sui due motivi che formano il primo tema, con il caratteristico salto di ottava e la successiva discesa diatonica, simile ad un lamento: nello sviluppo, la loro comparsa sarà saggiamente dosata con delle entrate fugate che rivelano l’intenso studio del contrappunto bachiano da parte del compositore salisburghese. Risalgono infatti a quegli anni le trascrizioni delle fughe dal Clavicembalo ben temperato che porteranno all’ingegnosa Fuga in do minore per due pianoforti K 426 (1783), vero e proprio omaggio al nome di Bach.

Ma il primo movimento di questo quartetto rivela anche profonde inquietudini, prudentemente mascherate dal tono entusiasta nelle lettere di quella lontana estate del 1783. Si è dibattuto a lungo sulla scelta del re minore, tonalità tipicamente lugubre, presente soprattutto nelle opere più mature di Wolfgang Amadeus Mozart, quali l’apprezzatissimo Concerto per pianoforte e orchestra K 466 (1785), le pagine più drammatiche del Don Giovanni K 527 (1787), la famosa aria della Regina della Notte nel Flauto magico K 620 (1791) e soprattutto il famigerato Requiem K 626, interrotto dall’improvvisa morte del compositore. Gli elementi musicali che alludono all’angoscia e al dolore sono in verità ancor più numerosi. Basti pensare al basso discendente che accompagna le entrate del primo tema, separando e introducendo le varie sezioni (esposizione, sviluppo e ripresa) della forma sonata. O ai cromatismi che velano di tristezza il secondo tema in fa maggiore, lasciandoci intendere che i rari sprazzi di serenità non bastano ad alleviare il sentimento prevalentemente cupo di questo primo movimento.

Sebbene la scelta della tonalità rimanga avvolta nel mistero, un’occhiata alle cronache dell’epoca potrebbe darci una risposta riguardo a quest’ansia celata in musica. L’8 giugno 1783 ebbe inizio una delle maggiori eruzioni nella storia contemporanea provocata dal vulcano Laki nell’Islanda meridionale. Negli otto mesi che seguirono i frammenti di lava, la cenere e i gas tossici espulsi durante l’eruzione uccisero quasi un quarto della popolazione islandese e decimarono il bestiame. Ma la catastrofe naturale, che in Islanda è ancora ricordata con il nome di Skaftáreldar (fuochi del fiume Skaftá), ebbe conseguenze ancor più estese. L’estate del 1783 passò alla storia come una delle più roventi per la quantità di diossido di zolfo emessa nell’aria, mentre l’inverno che seguì fu insolitamente lungo e rigido, con abbondanti nevicate e gelate, tanto che il disgelo nella primavera del 1784 provocò delle alluvioni addirittura disastrose nell’Europa centrale e occidentale. Perfino Mozart, solitamente occupato a elencare i suoi progressi musicali, in una lettera al padre del 10 febbraio 1784 trova il tempo per lamentarsi del “freddo insopportabile” (unausstehliche Kälte) a Vienna.

Ma fra i tanti “orribili fenomeni” (horrible phænomena) che secondo il naturalista inglese Gilbert White sconvolsero l’anno 1783, uno in particolare rimase impresso nella memoria collettiva. Nel giugno di quell’anno, una strana e densa nebbia ricoprì gran parte d’Europa, persistendo fino ad autunno inoltrato. I giornali dell’epoca riportano in massa questo stranissimo fenomeno, interrotto solo da violenti temporali. Il Wiener Zeitung del 6 agosto 1783 ad esempio comunica la seguente notizia:

Tutti gli altri bollettini dall’Ungheria, dalla Transilvania e dalle province annesse alla Corona sono unanimi nel riferire che anche lì (come in tutti i regni d’Europa) una nebbia densa e secca ha ricoperto a lungo l’orizzonte senza riportare conseguenze. Così come riferiscono di numerosi e insolitamente violenti temporali accompagnati da forti piogge e grandine con danni più o meno rilevanti in diversi luoghi. Risulterebbe troppo monotono e per niente istruttivo o divertente se volessimo citare tutti i resoconti che ci sono pervenuti …

Evidentemente la nebbia era una conseguenza dell'eruzione islandese, ma le persone di ogni ceto sociale – allora ancora ignare del vulcano Laki – osservavano con apprensione l'evolversi degli eventi. »And indeed there was reason for the most enlightened person to be apprehensive,« scrive il già menzionato White nel suo libro The natural history and antiquities of Selborne (1789): la nebbia misteriosa, i forti temporali, le albe e i tramonti rosso sangue, l'incremento delle morti dovute alla presenza di gas tossici nell'aria sembravano preludere alla fine del mondo. Non stupisce, quindi, che tale paura dell'ignoto si sia infiltrata nelle tortuose modulazioni del quartetto mozartiano in programma questa sera.

Ci siamo limitati al primo movimento, ma anche il secondo (Andante), il terzo (Menuetto) e il quarto (Allegretto ma non troppo) non sono esenti da quest'opprimente senso di angoscia. Le rare incursioni nelle tonalità maggiori sono prontamente oscurate dalle tonalità minori, creando spesso dei bruschi contrasti armonici, dinamici e/o ritmici. Esempio pregevole in questo caso è il quarto movimento, un tema con variazioni composto sulla falsariga dell'Allegretto finale nel Quartetto in sol maggiore op. 33 n. 5 (1781) di Joseph Haydn. Il ritmo cullante della siciliana suggerisce un sentimento di tenerezza, probabilmente suscitato dalla nascita del figlio primogenito. Ma la tonalità di re minore, che solo nella quarta variazione modula al maggiore, cela una profonda inquietudine che si imporrà con forza nella coda conclusiva: la cellula ritmica di una terzina di semicrome seguita da una croma denota un ritmo funereo che si spegnerà appena nelle ultime battute su un lamento discendente esposto dal secondo violino. Il Quartetto in re minore K 421 si ricollega così al suo inizio, creando una sintesi perfetta tra contenuto e forma.

Il tema con variazioni nelle composizioni di Wolfgang Amadeus Mozart segue solitamente uno schema ben preciso, con l'esposizione del tema seguita da quattro variazioni e dalla coda finale. Nelle prime due variazioni la voce superiore viene sviluppata con figurazioni accordali e/o ritmiche, mentre la terza variazione introduce un timbro (in questo caso la viola) o un carattere nuovi, per terminare con un contrasto armonico in maggiore/minore e la ripresa in tempo mosso nella tonalità d'impianto. Un modello sfruttato anche da Johannes Brahms nel suo Sestetto per archi in si bemolle maggiore op. 18 (1860), nel quale il ritmo incalzante della folia rivela la profonda conoscenza ed ammirazione per i suoi predecessori. Una delle tante qualità apprezzabili di questo compositore tedesco è infatti lo sguardo rivolto al passato costantemente arricchito dalle esperienze e dalle esigenze del presente. Nei lavori brahmsiani si nota infatti una tendenza ad ampliare l'organico per poter esplorare le modalità d'intreccio tra le voci: nascono così quintetti e sestetti con varie combinazioni di ritmi, timbri, armonie ed articolazioni, nei quali il dialogo tra gli strumenti non viene mai meno.

Nella seconda metà del 19° secolo il quartetto godeva ancora di notevole prestigio grazie all'istituzione di formazioni professionali: Brahms, ad esempio, intrattenne un proficuo sodalizio con il violinista Joseph Joachim, fondatore del quartetto omonimo, ma si potrebbero citare molti esempi simili. Nonostante la tendenza ad esplorare realtà sempre più complesse, il genere del quartetto mantenne infatti quell'atmosfera intima, da camera, che l'ha sempre contraddistinto.

Il Quartetto in si bemolle maggiore op. 67, composto nell'estate del 1875, si inserisce nella seconda fase cameristica di Johannes Brahms. I primi trii, sonate e quartetti risalgono infatti già all'anno 1853, quando conobbe Joseph Joachim e Robert Schumann. Quest'ultimo elogiò in termini entusiastici la sua produzione cameristica nel celebre articolo Neue Bahnen (Vie nuove), ma il compositore tedesco si schermì e da pianista preferì approfondire lo studio della scrittura per archi prima di pubblicare le proprie composizioni. Vent'anni dopo, in concomitanza con la ripresa dell'attività concertistica, decise di dedicarsi di nuovo alla musica da camera. Nacquero così i due melanconici quartetti op. 51 e il leggiadro op. 67, vero contrasto emotivo ai primi due lavori. In esso mantiene un mirabile equilibrio tra le parti, che concorrono a presentare una variegata molteplicità di timbri, armonie, ritmi e articolazioni. Vale la pena menzionare il contrasto melodico-armonico tra i due temi della forma sonata che nel primo movimento (Vivace) è accentuato anche sul piano ritmico. O lo splendido assolo della viola che domina il terzo movimento (Agitato), tanto che Brahms in una lettera al dedicatario del quartetto, il professor Theodor Wilhelm Engelmann, gli consigliò in tono scherzoso di cambiare strumento (il professore suonava infatti il violoncello). Interessante anche il quarto movimento (Poco allegretto con variazioni), che somiglia al Quartetto in re minore K 421 sotto molti punti di vista: oltre ad adottare la forma del tema con variazioni, mantiene anche la ciclicità del quartetto mozartiano, poiché dopo la sesta variazione irrompe improvvisamente il primo tema del primo movimento con il suo caratteristico ritmo saltellante. Ma le somiglianze non finiscono qui: nella quarta variazione in minore la comparsa della cellula ritmica con la terzina di semicrome seguita da una croma, già presente in Mozart, offusca momentaneamente il carattere gaio del pezzo. A dimostrazione che la musica – così come la vita, in fin dei conti – non è altro che un gioco di effetti chiaroscurali.

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In 1783, Wolfgang Amadeus Mozart was at a very satisfying point in his life. His first professional engagements in Vienna had been crowned by the warm reception of the opera Die Entführung aus dem Serail (The Abduction from the Seraglio, 1782), while privately he was expecting his first child with his wife Constanze Weber. In June of that year, the letters to her father Leopold overflowed with happiness and impatience, especially for the imminent trip to Salzburg aimed at introducing the young bride to the family.

The Quartet in D minor K 421 was therefore born in a period of relative serenity from a professional and family point of view, a serenity oriented above all towards the future. In fact, the letters mention the comic opera L'oca del Cairo, written in collaboration with Gianbattista Varesco, but left unfinished after drafting the first act. Mozart preferred to devote himself to drafting his own quartets, composed over a relatively long period of time between 1782 and 1785, during which he devoted himself to the in-depth study of op. 33 by Joseph Haydn with the intention of absorbing the new chamber writing, as well as manuscripts by Johann Sebastian Bach and Georg Friedrich Händel regularly performed at the musical meetings in the palace of Baron Gottfried van Swieten. The six quartets, shaped like dialogues for four voices, reveal a transparent style: the first violin no longer predominates over the rest of the ensemble, but maintains an equal relationship with the second violin, the viola and the cello, finally released from their role simple accompaniment. Another peculiarity of this new style is the thematic elaboration, i.e. the development of thematic motifs that serve as the germ cells of entire musical sections. The first movement (Allegro moderato), for example, is based almost exclusively on the two motifs that form the first theme, with the characteristic octave leap and the subsequent diatonic descent, similar to a lament: in the development, their appearance will be wisely dosed with fugue entrances that reveal the Salzburg composer's intense study of Bach's counterpoint. In fact, the transcriptions of the fugues from the Well-Tempered Clavier that will lead to the ingenious Fugue in C minor for two pianos K 426 (1783), a true tribute to the name of Bach, date back to those years.

But the first movement of this quartet also reveals deep anxieties, prudently masked by the enthusiastic tone in the letters of that distant summer of 1783. There was a long debate about the choice of D minor, a typically lugubrious tonality, present above all in the more mature works of Wolfgang Amadeus Mozart, such as the highly appreciated Concerto for piano and orchestra K 466 (1785), the most dramatic pages of Don Giovanni K 527 (1787), the famous aria of the Queen of the Night in the Magic Flute K 620 (1791) and above all the notorious Requiem K 626, interrupted by the sudden death of the composer. The musical elements that allude to anguish and pain are actually even more numerous. Just think of the descending bass that accompanies the entrances of the first theme, separating and introducing the various sections (exposition, development and reprise) of the sonata form. Or the chromatisms that veil the second theme in F major with sadness, letting us understand that the rare flashes of serenity are not enough to alleviate the predominantly gloomy feeling of this first movement.

Although the choice of tonality remains shrouded in mystery, a look at the chronicles of the time could give us an answer regarding this anxiety hidden in music. On June 8, 1783, one of the largest eruptions in contemporary history began from the volcano Laki in southern Iceland. In the eight months that followed, the lava fragments, ash and toxic gases ejected during the eruption killed nearly a quarter of Iceland's population and decimated livestock. But the natural catastrophe, which in Iceland is still remembered with the name of Skaftáreldar (fires of the river Skaftá), had even more widespread consequences. The summer of 1783 went down in history as one of the hottest due to the quantity of sulfur dioxide emitted into the air, while the winter that followed was unusually long and harsh, with abundant snowfalls and frosts, so much so that the thaw in the spring of 1784 caused even disastrous floods in central and western Europe. Even Mozart, usually busy listing his musical progress, found time in a letter to his father dated 10 February 1784 to complain of the "unbearable cold" (unausstehliche Kälte) in Vienna.

But among the many "horrible phenomena" (horrible phænomena) which, according to the English naturalist Gilbert White, shocked the year 1783, one in particular remained imprinted in the collective memory. In June of that year, a strange thick fog covered much of Europe, persisting well into autumn. The newspapers of the time reported en masse this strange phenomenon, interrupted only by violent storms. For example, the Wiener Zeitung of August 6, 1783 communicates the following news:

All the other bulletins from Hungary, Transylvania and the provinces annexed to the Crown are unanimous in reporting that there too (as in all the kingdoms of Europe) a dense and dry fog covered the horizon for a long time without causing any consequences. Just as they report numerous and unusually violent storms accompanied by heavy rain and hail with more or less significant damage in various places. It would be too monotonous and not at all instructive or entertaining if we were to cite all the reports that have come down to us…

The fog was evidently a consequence of the Icelandic eruption, but people from all walks of life – then still unaware of the Laki volcano – watched with apprehension as events unfolded. »And indeed there was reason for the most enlightened person to be apprehensive,« writes the aforementioned White in his book The natural history and antiquities of Selborne (1789): the mysterious fog, the heavy storms, the blood-red sunrises and sunsets, the increase in deaths due to the presence of toxic gases in the air seemed to herald the end of the world. It is therefore not surprising that this fear of the unknown has infiltrated the tortuous modulations of the Mozart quartet on this evening's programme.

We have limited ourselves to the first movement, but also the second (Andante), the third (Menuetto) and the fourth (Allegretto but not too much) are not exempt from this overwhelming sense of anguish. The rare forays into major keys are readily obscured by minor keys, often creating abrupt harmonic, dynamic and/or rhythmic contrasts. A valuable example in this case is the fourth movement, a theme with variations composed along the lines of the final Allegretto in the Quartet in G major op. 33 no. 5 (1781) by Joseph Haydn. The lulling rhythm of the Sicilian suggests a feeling of tenderness, probably aroused by the birth of the firstborn son. But the tonality of D minor, which modulates to the major only in the fourth variation, conceals a deep restlessness which will forcefully impose itself in the concluding coda: the rhythmic cell of a triplet of sixteenth notes followed by a quaver denotes a funereal rhythm which will soon die out in the last bars on a descending lament played by the second violin. The Quartet in D minor K 421 thus reconnects with its beginning, creating a perfect synthesis between content and form.

The theme with variations in Wolfgang Amadeus Mozart's compositions usually follow a precise pattern, with the exposition of the theme followed by four variations and the final coda. In the first two variations the upper voice is developed with chordal and/or rhythmic figurations, while the third variation introduces a new timbre (in this case the viola) or character, ending with a harmonic contrast in major/minor and the reprise in tempo moved in the tonality of the system. A model also exploited by Johannes Brahms in his Sextet for strings in B flat major op. 18 (1860), in which the fast pace of the folia reveals the profound knowledge and admiration for his predecessors. Indeed, one of the many appreciable qualities of this German composer is his gaze towards the past, constantly enriched by the experiences and needs of the present. In fact, in Brahms' works there is a tendency to expand the ensemble in order to be able to explore the ways in which the voices intertwine: thus quintets and sextets are born with various combinations of rhythms, timbres, harmonies and articulations, in which the dialogue between the instruments it never fails.

In the second half of the 19th century the quartet still enjoyed considerable prestige thanks to the establishment of professional formations: Brahms, for example, enjoyed a fruitful partnership with the violinist Joseph Joachim, founder of the homonymous quartet, but many similar examples could be cited. Despite the tendency to explore ever more complex realities, the quartet genre maintained that intimate, chamber atmosphere that has always distinguished it.

The Quartet in B flat major op. 67, composed in the summer of 1875, fits into the second chamber phase of Johannes Brahms. The first trios, sonatas and quartets date back to 1853, when he met Joseph Joachim and Robert Schumann. The latter enthusiastically praised his chamber production in the famous article Neue Bahnen (New Ways), but the German composer declined and as a pianist he preferred to deepen the study of writing for strings before publishing his own compositions. Twenty years later, in conjunction with the resumption of concert activity, he decided to devote himself again to chamber music. Thus were born the two melancholic quartets op. 51 and the graceful op. 67, a true emotional contrast to the first two works. In it he maintains an admirable balance between the parts, which combine to present a variegated multiplicity of timbres, harmonies, rhythms and articulations. It is worth mentioning the melodic-harmonic contrast between the two themes of the sonata form which in the first movement (Vivace) is also accentuated on a rhythmic level. Or the splendid viola solo that dominates the third movement (Agitato), so much so that Brahms in a letter to the dedicatee of the quartet, Professor Theodor Wilhelm Engelmann, jokingly advised him to change instruments (in fact the professor played the cello). Also interesting is the fourth movement (Poco allegretto with variations), which resembles the Quartet in D minor K 421 in many respects: in addition to adopting the form of the theme with variations, it also maintains the cyclical nature of Mozart's quartet, since after the sixth variation the first theme of the first movement suddenly bursts in with its characteristic leaping rhythm. But the similarities do not end there: in the fourth variation in minor the appearance of the rhythmic cell with the triplet of sixteenth notes followed by a quaver, already present in Mozart, momentarily obscures the cheerful character of the piece. Demonstrating that music – as well as life, after all – is nothing more than a game of chiaroscuro effects.

Curiosando

1783

Il 5 giugno, tre giorni prima dell'eruzione del vulcano Laki, i fratelli Joseph-Michel e Jacques-Étienne Montgolfier conquistano i cieli della nativa Annonay con un pallone aerostatico, denominato mongolfiera in loro onore. Dall’altra parte del mondo tredici colonie nordamericane si distaccano dall’Impero britannico con il sostegno della Francia. Nascono così gli Stati Uniti d’America, ma le difficili condizioni climatiche ritardano la ratifica del Trattato di Parigi che pose fine alla guerra d’indipendenza americana (1775–1783).

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On June 5, three days before the eruption of the Laki volcano, the brothers Joseph-Michel and Jacques-Étienne Montgolfier conquered the skies of their native Annonay with a hot air balloon, named in their honour. On the other side of the world thirteen North American colonies break away from the British Empire with the support of France. Thus the United States of America was born, but difficult climatic conditions delayed the ratification of the Treaty of Paris which ended the American War of Independence (1775–1783).

1875

Nell'anno dell'inaugurazione del fastoso Palazzo Garnier, ancor oggi sede del balletto dell'Opéra di Parigi, si registrano esecuzioni di importanti composizioni che contribuirono alla nascita di nuovi generi musicali. All'Opéra-Comique, ad esempio, il 3 marzo 1875 ha luogo la prima assoluta della celeberrima Carmen di Georges Bizet, che però non fece breccia nel pubblico parigino. Bizet morì solo tre mesi dopo senza poter assistere al crescente entusiasmo che l'opera suscitava all'estero, dove venne lodata da compositori del calibro di Peter Iljič Čajkovski, reduce dal recente successo del suo Concerto per pianoforte e orchestra in si bemolle minore op. 23, Richard Wagner e Johannes Brahms. Quest'ultimo la vide almeno venti volte e dichiarò che sarebbe andato in capo al mondo per abbracciarne l'autore, se questi fosse stato ancora vivo.

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In the year of the inauguration of the sumptuous Palazzo Garnier, still today the headquarters of the Paris Opéra ballet, performances of important compositions were recorded which contributed to the birth of new musical genres. At the Opéra-Comique, for example, on March 3, 1875, the world premiere of Georges Bizet's famous Carmen took place, which however did not make inroads with the Parisian public. Bizet died only three months later without being able to witness the growing enthusiasm that the work aroused abroad, where it was praised by composers of the caliber of Peter Iljič Čajkovski, fresh from the recent success of his Piano Concerto in B flat minor op. 23, Richard Wagner and Johannes Brahms. The latter saw it at least twenty times and declared that he would have gone to the end of the world to embrace its author if he had still been alive.